La mostra "Trame e Tancredi", che si inaugurerà martedì 21 giugno presso la Galleria della Biblioteca Angelica di Roma, ripercorrerà il cammino artistico di Gisella Meo dagli anni cinquanta a oggi, alla luce del profondo rapporto tra il proprio lavoro e quello del pittore Tancredi Parmeggiani, che conobbe nel 1957, quando frequentava l'Accademia veneziana, e che compiva in quel periodo una ricerca pittorica personalissima attraverso l'action painting, l'informale e lo spazialismo.
Tancredi, legato all'ambiente di Peggy Guggenheim, lavorava in maniera del tutto originale sul segno, sullo spazio e sul colore, utilizzando come elemento modulare il punto. La sua lezione costituì per Gisella un fertile stimolo per la futura attività artistica, che sarà anch'essa incentrata sulla ricerca di collegamenti tra vuoto e pieno.
Gisella Meo dagli anni settanta opera nel campo dell'arte tessile (fiber art) e dell'arte territoriale (land art). Costruisce telai umani e produce attraverso di essi manufatti tessili nel corso di performance pubbliche. Persegue il costante sforzo di utilizzare la maglia, attributo femminile per antonomasia, come strumento di integrazione, di unione e di riparazione. Nel 2002 ha imbragato una torre medievale (la torre di Bagnaia, a Viterbo) con chilometri di nastro elastico nero, in commemorazione del dramma delle Torri gemelle: un'azione poetica e simbolica per dimostrare, col segno connotante della donna, il tessile, la volontà di salvare i segni di una civiltà costruita dall'uomo.
In questa nuova occasione, e in un momento particolarmente delicato per la comunità internazionale, l'artista vuole lanciare un messaggio di pace attraverso la tessitura, intesa come frutto di un lavoro diplomatico internazionale che coinvolga quanti più attori possibili nello sforzo condiviso di creare un mondo "ricucito", riparato dalle lesioni e dai conflitti secolari. Lo farà attraverso una performance, che si svolgerà sabato 25 giugno alle ore 18 nella piazza antistante la Galleria (piazza Sant'Agostino), dal titolo "La maglia umana", che coinvolgerà i ragazzi del Liceo artistico Pablo Picasso di Pomezia e che vedrà i loro corpi vestiti di bianco assumere un aspetto unitario plasmati dal filo elastico nero, a simboleggiare un mondo unito e fatto di collegamenti e corrispondenze. Di fronte allo scontro tra due civiltà, due culture irrimediabilmente contrapposte, l'artista contrappone un modello basato non sull'integralismo ma sull'integrazione e sull'elasticità. Sarà un invito alla riflessione, lo spunto per soffermarsi e meditare su come arrestare la radicalizzazione del conflitto. La maglia umana è un gesto di speranza: se i grandi "tessitori di accordi" riusciranno a lavorare anch'essi la loro trama, solo allora si potrà considerare riparata l'enorme "smagliatura" tra Oriente e Occidente.

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