Quest'anno per la sezione teatro della Shoah dell'Arte si vuole rendere omaggio a un grande attore del teatro italiano: Arnoldo Foà.

La Shoah dell'arte si tiene in contemporanea il 27 gennaio, Giorno della Memoria, in alcuni musei, gallerie e teatri d'Italia, vuoi nazionali, vuoi regionali, provinciali o comunali, vuoi infine privati. Si tratta di un progetto museologico e teatrale fondato su di una serie di mostre, conferenze e spettacoli a tema, correlate e interdipendenti. Almeno per un giorno la Shoah diviene centro anche della vita artistica del Paese. L'importanza della memoria della Shoah, e di quanto accadde, attraverso il nostro progetto vuole ricordare, celebrare e dare voce a dei nuovi testimoni che sostituiranno i testimoni sopravvissuti quando questi fisiologicamente non ci saranno più: i nuovi testimoni saranno le opere d'arte. Le opere d'arte di artisti coinvolti nel progetto di sterminio della Shoah in tutti i suoi risvolti sono cariche di una doppia memoria: una memoria estetica unita a quella storica dell'epoca in cui furono e create e che a questa sopravvissero. Tutta l'attività museale in fondo preserva ciò che è sopravvissuto o aiuta alcune opere a sopravvivere, quelle che fanno parte della Shoah hanno anche il valore di testimoniare.
Per questo il nostro progetto tende a valorizzare per un giorno, quello del Giorno della Memoria le opere d'arte che fanno parte delle collezioni pubbliche facendo fare loro un passo avanti rispetto alle altre opere e lasciando con apposite schede che queste parlino e siano dei testimoni viventi e contemporanei. Il progetto è promosso dall'associazione ECAD impegnata da anni in attività di ricerca, sperimentazione, approfondimento e divulgazione della Memoria. Un nodo stretto e quasi fisiologico tiene unite la Shoah delle persone e la Shoah della cultura. "Chi brucia libri prima o poi brucia anche gli uomini" ammonisce Primo Levi, prendendo spunto dal pensiero del poeta tedesco Heinrich Heine. Fermo restando che nulla ha maggiore importanza anche di una sola vita umana, sembra dunque giusto riflettere di nuovo sulle innumerevoli perdite causate dall'ideologia nazi-fascista alle città, al paesaggio e ai beni della storia e della cultura. Il discorso vale ancor più a proposito dell'arte.
"Ha fatto lei questo orrore?": è la domanda che dinanzi a una riproduzione di Guernica un soldato tedesco rivolse nella Parigi occupata del 1940 a Pablo Picasso.

"No: l'avete fatto voi", lo fulminò Picasso, che d'altronde vedeva nella tela il manifesto della lotta contro l'invasore nazi-fascista e, in senso lato, ogni genere di brutalità.
L'episodio coglie il punto. In alcune circostanze a farne le spese furono le opere. Fin dal 1933, per esempio, i Nazisti applicarono l'aggettivo entartete – letteralmente: degenerato – a ogni forma d'arte ritenuta estranea ai loro parametri critici: ne risultarono la condanna e sovente la distruzione di migliaia di lavori connessi alle correnti le più diverse, dall'Espressionismo al Dada, dal Surrealismo all'astrattismo geometrico. In altre circostanze invece gli individui, vuoi perché giudicati un pericolo sociale o politico, vuoi semplicemente perché ebrei. Parecchie centinaia furono dunque gli artisti soggetti a censura o a intimidazioni, discriminati, repressi, costretti all'espatrio, condannati, imprigionati, internati, sommersi o infine salvati; e le loro testimonianze attraverso l'arte sono ancora oggi un monito per l'umanità.
L'arte in tutte le sue forme: ecco dunque il centro del progetto. L'arte osteggiata durante il Nazismo; l'arte dei testimoni della Shoah; infine, l'arte contemporanea che riflette sulla Shoah o che si ispira alla Shoah. Vittorio Pavoncello

Ostia - "Voi mi chiederete: come ebreo, come hai potuto raccontare una barzelletta del genere in un momento come quello? È così che siamo sopravvissuti". Le parole di un testimone accompagnano nel ricordo, in una memoria che commuove e nello stesso tempo pone degli interrogativi sulla nostra storia di uomini. Grazie al Teatro Fara Nume in questi giorni Ostia ha l'opportunità di stringersi intorno alla comunità ebraica preservandone la memoria. Lo spettacolo messo in scena allo stabile di via Domenico Baffigo su un testo di Stefania Maccari, interpretato da Andrea Serafini, commuove e accende il ricordo sulla shoah, la strage che portò alla morte undici milioni di persone nei campi di sterminio nazisti. "Queste sono le cose che ci hanno fatto andare avanti - ci ricorda ancora chi c'era - il resto ce l'avevano preso i tedeschi. Avevano costruito alti muri di filo spinato, per rinchiuderci nel ghetto, e siamo stati isolati dal resto del mondo per anni, senza ricevere notizie. Quindi ci aggrappavamo alle piccole cose, una barzelletta, una giornata di sole, un passaparola incoraggiante, la voce di un violino", ricorda un sopravvissuto.
Maria Grazia Stella

Spettacolo di Stefania Maccari

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