E se esistesse un'isola in cui i padroni non fossero più tali e gli schiavi potessero prendere il loro posto smascherando tutte le malefatte che sono stati costretti a tollerare, al fine di riportarli alla ragione? L'isola degli schiavi, una commedia scritta nel 1725 per i Comici italiani di Parigi, quasi tre quarti di secolo prima della Rivoluzione francese, non ipotizza drastici rivolgimenti sociali, ne' l'abolizione dei privilegi, ma una "piccola", semplice, utopia umana: la possibilità di riabilitarsi. Quattro dispersi, Ificrate e il suo servo Arlecchino, Eufrosine e la sua serva Cleante, sono gettati da un naufragio su un'isola dove un gruppo di schiavi, governati da Trivellino, ha fondato una singolare repubblica, in cui i servi scambiano il loro posto con quello dei padroni e sono liberi di vendicarsi dei torti subiti mentre i padroni sperimentano quali mali si patiscono in schiavitù. Trivellino, con inflessibile dolcezza, guida i quattro in una sorta di onirico gioco teatrale fatto di travestimenti, di gags, di buffonerie e di musica, che riecheggia quella commedia dell'arte ormai in piena trasformazione.

L'isola degli schiavi

Di P. De Marivaux, regia di F. Ceriani, musiche di S. Fresi, scene di M. Crisolini Malatesta, con G. Anzaldo, I. Baldini, C. Ferraro, S. Fresi, C. Ragone.
Fonte dati: Computime Srl

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