Benedette foto! Scrive Carmelo Bene nell’autobiografia ricordando di essere stato scagionato dall’accusa di oltraggio grazie alle fotografie di Claudio Abate. Ora, a dieci anni dalla sua scomparsa la mostra ne celebra la figura e il teatro attraverso le foto di Claudio Abate che ancora una volta svolgono un ruolo salvifico di testimonianza.
Carmelo Bene (1937-2002) è stato l’artefice di una vera e propria rivoluzione della scena teatrale del Novecento. Attore, regista teatrale e cinematografico, scrittore, fin dagli inizi concepì la scena come luogo della messa in crisi degli elementi linguistici che la compongono. Affrancò il teatro dalla ripetizione a favore dell’evento irripetibile, adottando in variazione continua i testi di alcuni classici e amplificando il valore dell’immagine e della voce. Attraverso esercizi rigorosissimi, progressivamente decostruì le figure dell’attore, autore e regista facendole confluire negli ingranaggi di quella che lui stesso definì “macchina attoriale”.
La mostra presenterà circa 120 fotografie in bianco e nero e a colori, molte inedite, scattate tra il 1963 e il 1973 e relative a undici tra i primi lavori di Carmelo Bene, da Cristo 63 alla seconda edizione teatrale di Nostra Signora dei Turchi. Sono foto di scena, alcune scattate durante le prove per verificare, su richiesta dello stesso Bene, l’impatto visivo di un trucco, di un abito, di una scenografia. Attraverso lo sguardo di un maestro della fotografia sarà possibile accostarsi alle opere nelle quali Carmelo Bene pose le fondamenta del suo teatro e su molte delle quali non esiste altra testimonianza visiva.
Claudio Abate (1943) è tra i principali esponenti della fotografia d’autore. In parallelo ad una sua personale ricerca, da sempre dedica il proprio lavoro alle arti visive. Ha fissato il punto di vista ideale da cui guardare le opere di più di una generazione di artisti. Autori come Jannis Kounellis o Gino De Dominis hanno esclusivamente affidato alle sue foto la memoria delle loro irripetibili azioni. Questa mostra propone un aspetto meno noto del suo lavoro, quello dedicato al teatro e svolto soprattutto nei primi anni della sua attività. Un’esperienza nel corso della quale Abate mise a punto il suo particolare modo di operare a fianco di altri artisti, investendo, oltre al talento e alla scienza del fotografo, il tempo da trascorrere insieme e durante il quale acquisire, in maniera quasi naturale, le giuste chiavi di lettura per una generosa ed esaltante interpretazione dell’opera d’arte altrui.
A cura di Daniela Lancioni con Francesca Rachele Oppedisano
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