Il pittore Francesco Guadagnuolo considerato uno dei maggiori artisti del rinnovamento iconografico dell’arte sacra, già ritrattista di Karol Wojtyla in tante occasioni del suo pontificato, grazie anche alla conoscenza personale col Pontefice, non poteva, con la sua sensibilità, restare indifferente o semplice spettatore di un simile evento. E, infatti, ecco esporre a Roma una grande mostra dedicata a Giovanni Paolo II e a Giovanni XXIII, che sarà inaugurata a Roma il 24 aprile presso la storica Libreria Leoniana adiacente al Vaticano, accanto al Braccio destro del colonnato berniniano (guardando la Basilica) con ingresso libero.
Francesco Guadagnuolo ripercorre con la sua arte il Pontificato di Giovanni Paolo II, da cui l’artista aveva meritato particolare stima personale e di cui si è fatto “cantore” sia delle opere letterarie sia del suo drammatico percorso di sofferenze e di universale esemplarità negli ultimi anni.
In occasione della Canonizzazione del Beato Giovanni Paolo II pubblichiamo il saggio di Mons. Sante Montanaro, già Segretario della Pontificia Commissione Centrale per l’Arte Sacra, che descrive il lavoro artistico di Guadagnuolo.

LE OPERE D’ARTE DI FRANCESCO GUADAGNUOLO SULL’APOSTOLATO DI GIOVANNI PAOLO II


“Durante il suo lungo Pontificato, iniziato il 16 ottobre 1978, Giovanni Paolo II mostrò sempre più ampiamente e incisivamente la sua capacità di comunicare con ogni tipo di persone, dalle più semplici alle più colte, interessandosi ad ogni campo dell’attività umana, come al mondo della cultura, delle arti e dello spettacolo. In quest’ultimo ambito Egli coltivò fin da giovane, nel 1942, l’amore per il teatro, scrivendo vari testi, in cui compariva come autore e anche come attore nel Teatro Rapsodik di Cracovia, il più noto dei quali è “La Bottega dell’Orefice” composto nel 1960 sotto lo pseudonimo di Andrzej Jawien. Testo di profondo contenuto morale, esso riguardava le tematiche familiari, degli sposi, dei genitori e dei figli.
Nel 1979, dopo che Karol Wojtyla salì al soglio pontificio, “La Bottega dell’Orefice” fu illustrata da Francesco Guadagnuolo su sollecitazione dell’Arcivescovo Mons. Giovanni Fallani, Presidente della Pontificia Commissione Centrale per l’Arte Sacra in Italia. Il giovane artista siciliano produsse sei acqueforti che manifestavano in lui una notevole capacità di interpretazione espressa con un tratto ad un tempo incisivo e delicato. Per il pittore Guadagnuolo si trattò di un sicuro successo che lo fece entrare negli ambiti spazi della cultura romana. Da allora costituì l’inizio della sua grande avventura d’arte per cui oggi è considerato uno dei più qualificati e prolifici pittori innovatori dell’arte sacra contemporanea. Degna cornice dei favorevoli commenti che filosofi, storici e critici d’arte come Rosario Assunto, Ferruccio Ulivi, Nicola Ciarletta, Pasquale Rotondi, Ennio Francia, Pietro Amato, Vittorio Stella, Mario Scotti, Vito Riviello, Franco Simongini, Sandra Orienti, riservarono alle sei acqueforti de “La Bottega dell’Orefice”, è quanto Monsignor Fallani scrisse al Guadagnuolo. Lo trascriviamo qui di seguito: Roma, 24 gennaio 1980 «Carissimo Artista, ... desidero che ti giunga l’affettuosa parola di stima per le sei acqueforti che hai eseguite, ispirate allo stupendo dramma della “Bottega dell’Orefice” di Papa Wojtyla. Sei penetrato nel dramma, hai sentito la verità dei personaggi e la gravità del loro problema. Nei volti e negli atteggiamenti si legge la nobiltà dei pensieri che muovono l’azione, nella quale è presente, anche se invisibile, il Personaggio principale. La via da te seguita non è la più facile: al dono della chiarezza hai aggiunto, senza timore, la forza del pathos che caratterizza questa sacra rappresentazione. Mi auguro che il pubblico presente raccolga il messaggio e la tua interpretazione, che unisce, nel clima della giovinezza e dell’arte, una volontà nuova, la quale iniziando così bene mi auguro che andrà molto lontano. Con il più cordiale saluto, affettuosamente». + Giovanni Fallani, Vescovo. Alla grande stima goduta presso l’Arcivescovo Fallani è anche dovuto l’invito del 1980 al maestro Guadagnuolo affinché realizzasse una grande tela sul tema “Cristo nel dolore umano”, da inserire in una mostra d’Arte Sacra e Liturgica da allestirsi nell’Abbazia di Montecassino in occasione del XV centenario della nascita di San Benedetto. Pur essendo il più giovane, il Guadagnuolo era stato invitato insieme con i più noti maestri Pietro Annigoni, Pericle Fazzini, Emilio Greco, Giovanni Hajnal, Pietro Canonica, Francesco Messina, Sante Monachesi, Domenico Purificato, Bruno Saetti, Gregorio Sciltian, Riccardo Tommaso Ferroni.
Di Papa Giovanni Paolo II, all’inizio del suo Pontificato, il significativo messaggio «Non si comprende l’uomo senza Cristo» colpì nel profondo dell’anima l’artista Guadagnuolo, portandolo ad essenziali riflessioni sui rapporti dell’essere umano con Dio. Forte di questa sua convinzione, Papa Wojtyla dimostrò subito la volontà di concentrare la sua attività pastorale sull’uomo contemporaneo, con le sue angosce e i suoi problemi materiali e spirituali. Su questo spirito si fonda la sua prima Enciclica dal titolo “Redemptor hominis”, che proclamava il messaggio salvifico di Cristo, seguita l’anno successivo da una seconda Enciclica intitolata “Dives in misericordia”, nella quale sottolineava il dovere della Chiesa di conciliare trascendenza ed immanenza nell’opera di compassione attiva verso l’infelicità umana.
Stimolato da queste profonde manifestazioni del pensiero del Pontefice, sotto la guida dell’Arcivescovo Giovanni Fallani, Francesco Guadagnuolo rese questi concetti in efficaci immagini. Per il tema filosofico e cioè l’“Humanitas”, produsse una cartella di sei acqueforti (1979/’80). Il maestro Guadagnuolo ha inteso rappresentare la vita umana in tutte le sue problematiche che investono i temi filosofici esistenziali, quali il mistero della vita stessa e della sua fragilità che genera angoscia e insieme a tutto questo la speranza che nasce dalla fede. Nell’illustrare i principi contenuti nell’Enciclica di Giovanni Paolo II “Dives in misericordia”, l’artista ha prodotto una cartella di incisioni nelle quali raffigura accanto alla paura delle armi atomiche e all’ingiustizia, la pietà umana che si richiama ai grandi valori cristiani.
A ben riflettere, il nostro artista, consapevole o meno, aveva con la sua produzione artistica anticipato quel grandioso avvenimento: il Giubileo Straordinario della Redenzione, proclamato da Giovanni Paolo II nel marzo 1983 per commemorare i 1950 anni dalla morte di Cristo. Mons. Fallani ha invitato Guadagnuolo per il Giubileo della Redenzione, a trattare un importante tema “Dio-uomo”. L’artista giunse a realizzare un’opera intensa rivelante fede e trascendenza nel Dio fatto Uomo.
I numerosi incontri dell’artista Francesco Guadagnuolo con Monsignor Giovanni Fallani, teologo, storico e critico d’arte, per una reciproca e migliore conoscenza del pensiero religioso di Papa Wojtyla e l’assidua presenza dello stesso artista negli ambienti della Pontificia Commissione Centrale per l’Arte Sacra per l’organizzazione di convegni e mostre di arte religiosa e sacra avevano finito con il creare fra quei due personaggi una quasi familiarità e una tale confidenza per cui il Fallani, acuto conoscitore di uomini e di talenti, un giorno, parlando del Guadagnuolo, lo aveva definito un eccellente interprete dei drammi della coscienza umana e un artista capace di presentare con ottime rappresentazioni pittoriche la realtà politica dei nostri tempi. Rispondendo ad una richiesta dello stesso Mons. Fallani, Guadagnuolo si dedicò alla trasposizione visiva di quattro commedie di argomento politico scritte da Vittorio Alfieri tra il 1802 e il 1803. I titoli “L’Uno”, “I Pochi”, “I Troppi”, “L’Antidoto”, si riferiscono a diverse forme di governo e precisamente: la monarchia assoluta, l’oligarchia, la demagogia, alle quali Alfieri (fiero nemico della “tirannide”) contrappone, con una visione moderna e anticipatrice per quei tempi, la monarchia costituzionale come la forma più giusta per attuare il buon governo. Non ne sono sicuro, ma c’è da credere che il Guadagnuolo, mentre andava escogitando i segni e le forme con cui esprimere i tre veleni della società, avrà pensato in anticipo a ciò che il Cardinale Roger Etchegaray avrebbe affermato nel 1988 riguardo all’azione concomitante della Chiesa: «Essa nell’ambito di quelle che sono le sue fondamentali convinzioni, i suoi principi, i suoi valori, indica all’uomo le strade da percorrere per costruire una società fondata sull’amore, sulla giustizia, sulla solidarietà». Lo stesso Cardinale sottolineava poi la grande importanza dell’azione moralmente incisiva di Giovanni Paolo II, esplicatasi anche in ambito politico internazionale, in particolare nei confronti di capi comunisti, quali i generali Wojciech Jaruzelski, Augusto Pinochet e Fidel Castro.
Anche di una fusione tra letteratura e arte in un linguaggio unico di poesia e in un messaggio di verità e fede occorre parlare a proposito degli “Inni Sacri” di Alessandro Manzoni e della Divina Commedia di Dante Alighieri. Sugli “Inni Sacri” del Manzoni Francesco Guadagnuolo lavorò nel 1985, in occasione del secondo centenario della nascita dello scrittore. Ne vennero fuori nove incisioni che furono presentate in diverse città, tra le quali a Roma, nella Sala dei Cento Giorni del Vasari al Palazzo della Cancelleria e a Sant’Ivo alla Sapienza. Le acqueforti ispirate all’artista dalla lettura e dalla meditazione degli “Inni Sacri” di Alessandro Manzoni rendono efficacemente l’alto livello di spiritualità che quei componimenti poetici esprimono, dopo il superamento da parte del grande scrittore del proprio tormento interiore, acquietatosi nella fede e in una speranza cristiana sincera e profonda.
Per la mostra “Dante in Vaticano” (1985, Braccio di Carlo Magno-Basilica di San Pietro) Guadagnuolo eseguì alcune acqueforti sulla Divina Commedia tra cui “San Domenico nella gloria del Paradiso”. Essa fu occasione per l’artista di un colloquio con Papa Giovanni Paolo II, durante il quale il Pontefice auspicò che quell’opera rappresentasse l’inizio rispetto ad alcune ispirazioni alla Divina Commedia di più ampio respiro.

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